Il Viale di Carpini
Esattamente in coincidenza geografica rispetto alla rappresentazione planimetrica del Kurten del 1835 e ad altre precedenti, il parco offre, a nord, fuori dalla cinta muraria, una meravigliosa prospettiva d’ingresso, costituita e incorniciata da un doppio filare di carpini bianchi (Carpinus betulus). Tale filare, dimensionato nel secolo XVIII per essere percorso dalle carrozze, è lungo 380 m e consta, dopo i nuovi impianti ed i restauri del biennio 2023-2024, di circa 230 esemplari, posti ad una distanza reciproca sulle file di circa 3 metri e mezzo.
Si trova già raffigurato nella documentazione topografica del Settecento, ed è quindi preesistente al progetto kurteniano del 1835. La carpinata, come elemento distintivo dei parchi sette-ottocenteschi, rappresenta un simbolo di eleganza e ordine. Utilizzata per creare percorsi suggestivi e aree ombreggiate, offre sia pregio estetico che funzionale. Quella del Torrione di Pinerolo è un esempio di come la carpinata (in questo caso doppia) possa valorizzare un ingresso monumentale, conferendo profondità visiva e armonia al paesaggio. Celebri esempi includono la carpinata di Villa d’Este a Tivoli, quella dei Giardini Reali di Torino, quella di Villa Visconti Borromeo Litta a Lainate (Mi) e quelle del parco vanvitelliano della Reggia di Caserta.
Botanicamente, i carpini bianchi sono apprezzati per la loro resistenza e capacità di formare siepi dense, creando rifugi per la fauna e contribuendo alla biodiversità dei luoghi ove vengono impiantati.
Il carpino, come poche altre specie autoctone, conserva le foglie secche sui rami fino alla primavera. Questo avviene perché le foglie, pur essendo morte, rimangono attaccate grazie a un processo fisiologico di lenta abscissione, che riduce la perdita di acqua e protegge i rami dai rigori invernali. Dal punto di vista paesaggistico, questo crea un’atmosfera affascinante, con tonalità brune e dorate che arricchiscono il paesaggio invernale, conferendo una struttura visiva interessante e una transizione graduale verso il risveglio primaverile.
Allo stesso modo dei carpini bianchi, e soprattutto se coltivate a siepe o spalliera, fra le specie di caducifoglie italiane che tendono a perdere le foglie secche solo a tardo inverno si citano il carpino nero (Ostrya carpinifolia), il faggio (Fagus sylvatica) e la roverella (Quercus pubescens).